La vita degli universitari è piuttosto costosa, si sa: dispense, libri (in numero più che proporzionale ai crediti degli esami), vitto, alloggio, spritz, shottini, happy hour…forse è meglio che mi fermi qui? Tutto questo incide pesantemente sul budget degli studenti e quando le sovvenzioni di mamma e papà scarseggiano o le borse di studio sono una chimera, ci si ingegna per sbarcare il lunario. C’è chi dà ripetizioni di matematica, chi fa il cameriere, chi consegna le pizze, chi esercita la professione appresa alle scuole superiori, e poi c’è chi, più fortunato, mette a frutto i beni di famiglia e apre un b&b. Ma quanti modi esistono di fare lavoretti più o meno impegnativi senza avere un contratto di lavoro dipendente full time? Lungi da me il voler fornire un elenco esaustivo di soluzioni fiscali, provo a buttarvi lì qualche spunto!
Ricevute per prestazioni occasionali
Qualunque persona fisica può rilasciare una ricevuta per una prestazione occasionale trattenendone una copia da presentare in fase di dichiarazioni dei redditi, dove avverrà il calcolo delle imposte da versare; la ricevuta deve riportare il corrispettivo incassato e l’oggetto della prestazione. Se l’importo pagato supera i 77,47 € ovvero le vecchie 150.000 lire, allora deve essere applicata una marca da bollo da 2 € sull’originale. Occhio che la marca da bollo deve essere stata emessa prima o al massimo il giorno stesso del rilascio della ricevuta e annullata con firma e/o timbro. Se la prestazione viene resa ad un privato, non sostituto d’imposta quindi, non è soggetta alla ritenuta d’acconto del 20%, che è trattenuta, invece, in caso di prestazioni ad aziende. Se l’importo delle prestazioni complessivamente erogate in un anno supera i 5000,00 € bisogna pagare i contributi previdenziali sull’eccedenza.
Libretti famiglia (ex voucher)
Il legislatore si è accorto che eliminare i voucher tout-court non è stata una mossa proprio azzeccata, perché tolto l’abuso di chi faceva lavorare persone otto ore al giorno con questo strumento fiscale e previdenziale, erano molto comodi per chi faceva lavori veramente occasionali come le pulizie delle scale, baby-sitting e le ripetizioni agli studenti (in realtà qui bisognerebbe aprire una parentesi sulla regolarità delle prestazioni rispetto ad un committente ecc…ma non voglio tediarvi troppo). Quindi usciti dalla finestra i voucher, sono rientrati dalla porta i libretti famiglia, il funzionamento è molto simile, prestatore e committente devono registrarsi sulla piattaforma online dell’Inps; l’utilizzatore, chi richiede la prestazione, deve registrare quest’ultima indicando luogo, data e ora, estremi del servizio ecc. Dei 10€ di valore nominale, 8 vanno al lavoratore, 1,65 all’Inps nella gestione separata, 0,25 all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni e 0,10 per i costi di gestione.
Contratto di lavoro a chiamata o intermittente
I contratti a chiamata sono contratti che prevedono la disponibilità del lavoratore a lavorare per un periodo ripetuto ma limitato nel tempo. Sono molto utilizzati nei settori dei pubblici esercizi, del turismo e dello spettacolo, per i quali il legislatore non ha previsto il limite delle 400 giornate lavorative in tre anni, che è stato imposto invece agli altri settori, pena la trasformazione in un contratto a tempo pieno e indeterminato. Novità introdotta dal d.lgs. 81/2015, che ha disposto il riordino della disciplina giuridica di questo tipo di contratti, l’indennità di disponibilità, dovuta dai datori ai lavoratori che si impegnano contrattualmente a rispondere alla chiamata.
Ultima ma non meno importante la partita Iva, di cui però vi parlerò nel prossimo post.