Qualche tempo fa avevo scritto un post riguardante i Bitcoin e avevo messo l’accento su alcuni aspetti da considerare prima di lanciarsi a capofitto nell’entusiasmante corsa all’acquisto di questa cryptovaluta (soprattutto a scopo speculativo).
C’era chi lo preconizzava, chi lo scongiurava e chi credeva non sarebbe mai accaduto ma la stop all’aumento esponenziale dei Bitcoin è arrivato: nella settimana precedente il Natale il prezzo di questa cryptovaluta è crollato del 40% circa per poi recuperare il 10%, gli esperti affermano che siamo di fronte al probabile scoppio di una bolla speculativa, cerchiamo di capire cosa è successo (per l’analisi quantitativa vi lascio la lettura di questo paper che spiega passo per passo come è stato calcolato tutto quello che vi spiegherò in modo qualitativo e abbastanza discorsivo).
Facciamo un passo indietro: da cosa dipende il valore del Bitcoin?
Il prezzo del Bitcoin dipende dall’incontro di domanda ed offerta e quindi essenzialmente dalle aspettative dei compratori, dato che la quantità massima offerta è pari a 21 milioni di Bitcoin; è un asset relativamente giovane e innovativo, non ci sono grandissime serie storiche a riguardo, ed è molto concentrato: 1000 utenti detengono circa il 40% dei Bitcoin. Questo è un fattore di oscillazione dei prezzi notevole, compravendite di grandi quantitativi possono far cambiare il valore del bene in modo consistente.
La sua volatilità è alta ma non altissima, i dati parlano di una deviazione standard vicina al 20% per il Bitcoin, analoga a quella misurata in fondi con forte concentrazione geografica e/o settoriale.
Sappiamo che in presenza di un mercato molto liquido (ovvero quando ci sono un numero molto elevato di “piccoli” scambi) e di informazioni complete a disposizione degli investitori, il prezzo è “equo”e sintetizza la capacità futura del bene di generare liquidità. Tuttavia l’entusiasmo, si sa, gioca spesso brutti scherzi, se le aspettative dei compratori sono più che ottimistiche e non sono sostenute da reali opportunità di crescita si rischia che il prezzo sia definito solo da un comportamento gregario ovvero dall’imitazione in assenza di un reale approfondimento delle dinamiche del mercato e delle caratteristiche del bene. Ex post le bolle si riconoscono spesso anche per il modello di crescita del prezzo esponenziale; in questo caso, basta una sola notizia negativa per far crollare il valore.
Cos’ha fatto crollare il prezzo dei Bitcoin?
Questa volta il ruolo della miccia è toccata a Bitcoin Cash, una nuova cryptovaluta nata l’estate scorsa, che di fatto ha clonato la sorella più diffusa e che si basa però su una blockchain non riconosciuta dalla principale piattaforma di scambi dei BTC, Coinbase (almeno per ora). La tecnologia quindi è un nodo cruciale per definire il valore di queste monete, in particolar modo io sottolineerei l’importanza della sicurezza informatica e della “liquidità” di queste monete, la possibilità di rientrare in possesso dei propri soldi (reali e non virtuali) è cruciale affinché gli investitori si sentano sicuri e non ci sia una corsa alla rivendita. Mentre banche e borse garantiscono la liquidità a lungo termine delle valute “classiche”, non possiamo dire la stessa cosa delle cryptosorelle (come giornalisticamente sono state chiamate Bitcoin, Ethereum, Litecoin ecc.) o “altcoin” in gergo informatico.
A tal proposito il Corriere della Sera ha individuato in un’attacco di hacker nordcoreani al mercato sudcoreano di monete virtuali il secondo motivo che ha portato al crollo dei prezzi delle cryptomonete prenatalizio.
Si aggiunga che il mondo della finanza è sostanzialmente diviso a metà sull’affidabilità di questo tipo di investimenti e persone dal calibro di Joseph Stiglitz (premio Nobel per l’economia nel 2001) hanno pesantemente messo in guardia sul ruolo delle monete virtuali nell’aggirare norme fiscali e finanziarie. Se dovessero essere messe al bando dalle autorità monetarie, questo comporterebbe il tracollo definitivo delle cryptovalute.